Le Terre rosse, i boschi e le peschiere
La maggior parte del territorio del comune è caratterizzato dalla presenza di terreni umidi che hanno favorito il formarsi di laghetti artificiali detti comunemente peschiere o tampe.L’insediamento delle peschiere è sicuramente favorito dalle terre argillose (terre rosse) caratterizzate da orizzonti impermeabili a poca profondità e da un clima continentale tutt’altro che piovoso che vanta le precipitazioni medie annuali più basse della intera provincia di Cuneo.
Oggi nel territorio di Ceresole si contano oltre 100 peschiere.
Le peschiere per secoli hanno rappresentato una preziosa riserva di acqua, una fonte di abbeveramento per gli animali e soprattutto la possibilità di allevare tinche, da sempre la specialità gastronomica del paese. Le peschiere rivestono una notevole importanza nell’ ambito dell’ equilibrio ambientale, zone umide inserite in un ambiente siccitoso consentono la sopravvivenza di uccelli acquatici, anfibi e pesci oltre a costituire riserve d’acqua per tutta la fauna locale:aironi, gallinelle d’acqua e anatridi di vario tipo.
Anche la flora trova giovamento dalla presenza delle peschiere grazie alla possibilità di avere diversi habitat colonizzati da diverse tipologie di alberi e arbusti, compresa una buona varietà di piante acquatiche, tra le quali ricordiamo il fior di loto di cascina Gallina (in frazione Cappelli) e il trifoglio d’acqua di cascina Mottina (in fraz. Borretti).
La fascia boschiva del comune di Ceresole d’Alba è, per estensione, una tra le più vaste del Roero e rappresenta quanto rimane della antica “Silva Popularis”. La flora spontanea presenta qui più di un motivo di interesse dovuto alla simultanea presenza di specie tipiche di climi caldi e climi montani o pedemontani (es.pino silvestre e ginepro che numerosi popolano questi boschi). Un tempo i boschi presenti sul territorio del comune dovevano essere costituiti principalmente da querce quali la farnia (quecus robur), la rovere (quercus petraea, tipica a delle zone più asciutte) e la più rara roverella (quercus pubescens). Tra gli alberi forestali è presente il faggio (fagus sylvatica), relitto montano a distribuzione localizzata. Si riscontra poi la presenza dell’ olmo (Ulmus Minor) e il ciliegio selvatico (Prunus Avium) e nel sottobosco del nocciolo selvatico (Corillus Avellana) e diverse specie di Rose. Nelle zone più fresche si possono incontrare le felci (Theliptery Phegopterus). E’ comunque molto difficile elencare tutte le specie più belle presenti nei boschi del Roero, basti pensare che nella sola sinistra del Tanaro ne sono state catalogate oltre 950.
L’ambiente, la flora e la fauna
I boschi di Ceresole fanno parte di quella che, già a partire dal X secolo veniva definita “Silva Popularis”, ovvero una vasta zona boscata che si estendeva nel territorio compreso tra i comuni di Bra e Pralormo. Riferimenti ai boschi dell’ area compaiono per la prima volta nella storia in un documento del 1002 della Chiesa di Asti nel quale si cita il Foresto di Ceresole d’Alba.Altre testimonianze si ritrovano in alcuni documenti di vendita di appezzamenti boschivi risalenti allo stesso anno e riguardanti i beni di un certo Ponzo detto Abbone.
La stessa Ceresole nell’ XI secolo è ancora semplicemente la “curtem Cerisole de bosco”, una piccola entità isolata in una vasta area disabitata e il toponimo “Carbonere” presente sul territorio comunale dal 1400 indica l’utilizzo del bosco per la produzione di carbone.
La fascia boschiva del comune di Ceresole d’Alba, con una superficie complessiva di oltre 500 ettari, costituisce un patrimonio di grande valore naturalistico caratterizzato dalla presenza di essenze a foglia caduca come il carpino (Ostrya carpinifolia), la farnia (Quercus robur), il rovere (Quercus petraea) e la roverella (Quercus pubescens).
Si tratta si esemplari che in alcuni casi si distinguono per la loro maestosità e per la loro coesistenza strettamente legata alle caratteristiche specifiche del terreno che le ospitano.
La presenza del Pino Silvestre (Pinus Sylvestris) e del ginepro (Juniper Communis) trova in queste terre le stesse condizioni di aridità e luminosità che caratterizzano alcuni versanti alpini. Queste piante per la loro robustezza, il loro apparato radicale profondo e la loro resistenza ai climi caratterizzati da forti escursioni si adattano con relativa facilità ai terreni della zona. Va inoltre segnalata la presenza del Ciliegio selvatico (Prunus avium), del Viburno (Viburnum Lantana), delle felci (Asplenium Trichomanes), delle Primule (Primula Vulgaris Hudson), dei Mughetti (Convallaria Majalis) e erbe solitamente non comuni come la “Duchesnea Indaca” e l’Erba Cucco “Cuccubalus Baccifer”.
In tarda primavera, nel mese di Maggio, si possono incontrare nei boschi presenti sul territorio comunale fioriture di Rose selvatiche (Rosa Canina e Rosa Gallica), di Caprifoglio (Lonicera Caprifolium) e della immancabile Robinia (Robinia Pseudoacacia). Sul territorio comunale va rilevato l’interesse naturalistico che hanno gli stagni, localmente detti peschiere. Le peschiere derivano principalmente da piccoli bacini artificiali realizzati nei secoli scorsi presso le cascine per esigenze legate alla agricoltura e all’allevamento.
Oltre ad ospitare un’ interessante vegetazione acquatica ed igrofila, le peschiere sono importanti per la fauna, in particolare perché ospitano alcuni rari chirotteri. Dal punto di vista dell'avifauna va sottolineata la presenza del biancone (Circaetus gallicus) durante il transito migratorio mentre nei boschi nidificano il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) ed il nibbio bruno (Milvus migrans).
In queste zone umide nidificano anche alcune specie di uccelli segnalati negli elenchi delle specie di interesse comunitario della Direttiva 92/43/ CEE : il Tarabusino (Ixobrichus minutus), il Martin pescatore (Alcedo atthis), la Moretta (Aythya fuligula) e il Mignattino comune (Chlidonias niger).
Tra le specie ittiche presenti nelle peschiere va segnalata la Tinca (Tincae Tincae), unico prodotto tipico di origine ittica del Roero, e per la quale di recente è stato istituito un presidio della Associazione Slowfood e la DOP (Denominazione Origine Protetta).
Da segnalare una visita agli stagni della Tenuta Gallina tra la fine di luglio e la prima metà di settembre per sorprendersi di fronte alle splendide fioriture del fior di loto.
Nelle aree agricole e' interessante la presenza di Succiacapre (Caprimulgus europaeus) legato ad ambienti caldi e secchi, di Averla cenerina (Larius minor), di Averla capirossa (Larius senator), dell'Ortolano (Emberizza hortulana), di Albanella minore (Circus pygargus), di Tottavilla (Lullula arborea), di Starna (Perdix perdixitalica), quest'ultima specie e' scomparsa da gran parte della pianura coltivata e presenta una distribuzione discontinua.
Il fior di loto
La Nelumbo Nucifera, questo il nome scientifico del fior di loto, ricopre per intero tre grossi invasi lunghi ciascuno un centinaio di metri e larghi altrettanto presso la cascina Gallina, in frazione Cabasse. È un fiore possente, dallo stelo robusto, alto quasi due metri, con petali rosati e foglie di un verde brillante, anch’esse pendenti da altissimi steli e larghe fino a 80 centimetri. L’altezza dello stelo permette al loto di gettare le radici sul fondo dei fiumi e sbucare oltre la superficie dell’acqua come una ninfea. Nelle peschiere della cascina Gallina, però, l’acqua è sensibilmente più bassa. E allora il fiore prorompe in tutta la sua altezza, facendo esplodere i suoi grossi boccioli non sul pelo dell’acqua, ma al di sopra di una foresta composta dalle sue stesse, enormi foglie: “La cosa singolare è che il fiore resiste alle gelate invernali, al freddo, alla neve”, racconta Edoardo Pellissero, la cui famiglia negli anni Ottanta ha acquistato la cascina Gallina e accoglie di tanto in tanto gli sporadici turisti. “Io non devo fare nulla: d’inverno il loto scompare, riposa sotto la superficie dell’acqua. Ma in primavera rinasce all’improvviso e durante il periodo della fioritura, luglio e agosto, getta i suoi fiori verso il cielo, come fosse qui da sempre”.La bellezza del loto è anche un mistero “tecnologico”. Il cosiddetto effetto loto è la capacità di questo fiore di restare pulito grazie a microscopici cristalli di cera che rivestono la sua superficie esterna, creando un mantello idrorepellente. Sulle foglie di loto l’acqua scivola via portando con sé sporcizia e insetti indesiderati, una caratteristica oggi studiata avidamente dalle aziende tessili, ma considerata simbolo di purezza in Oriente, tanto che l’induismo e il buddismo lo reputano un fiore sacro. Un'altra peschiera di loto. Una sacralità che, attraversato le peschiere di Ceresole, è in qualche modo migrata al culto della Vergine. Gli studi di Alberto Lusso, storico del Roero, hanno messo in luce come a partire dagli anni Trenta del Novecento la comunità religiosa di Ceresole abbia adottato gli splendidi petali di loto per abbellire le funzioni dell’Assunta. Per celebrare la Madonna dalla Cascina Gallina ne venivano portati grandi mazzi: “Li raccoglievamo chiusi e aprivamo le foglie ad una ad una nell’acqua o con le dita bagnate”, racconta Domenica Caratto, classe 1933. “Non c’era festa dell’Assunta senza fiori di loto. La chiesa era tutta ornata con questi bellissimi fiori”.
In esso si distinguono due areee dai differenti caratteri morfologici: la grande area pianeggiante che si protende a nord e a ovest del concentrico e l'area collinare nord - orientale dove si colloca, pressochè totalmente, l'intera copertura boschiva del territorio (circa 700 ettari).
Nel concentrico hanno sede l'Amministrazione Comunale, il castello (o "palazzo") che reca i segni di cospicui rimaneggiamenti, la parrocchia di San Giovanni Battista, barocca ad una sola navata, la confraternita di San Bernardino e, uscendo dal paese in direzione nord, la chiesetta della Madonna dei Prati, dal grazioso impianto ma avanzato stato di degrado.
Nell'area pianeggiante a occidente, in direzione di Carmagnola, la località Borretti, frazione e sede parrocchiale e a nord l'insediamento dei Cappelli, anch'esso frazione e dese parrocchiale.
A nord di questa località, il complesso di cascine di Palermo, anticamente con territorio e giurisdizione propri e sede di un castello.
Nell'area di nord - est, dalla morfologia più movimentata e collinare, l'insediamento dei Cantarelli dei Boschi e, ad oriente, la località Roggeri.
L'intero territorio ceresolese è caratterizzato da una diffusa presenza di stagni o "peschiere" e da una struttura fondiaria che distribuisce, sparse nel territorio, cascine che dispongono di superfici agrarie di tutto rilievo.